Wind Jet: pressione del Governo e nuova cordata siciliana

 

Il Governo pressa le parti in causa per arrivare a una soluzione della questione Wind Jet al più presto possibile.

La comunicazione è giunta a fine agosto da parte degli uffici del Ministero dello Sviluppo economico guidato da Corrado Passera al termine di un’altra settimana segnata dal nulla di fatto sul futuro della compagnia aerea siciliana.

 

Qualche passo in avanti sembra però esser stato fatto in merito a eventuali nuovi investitori che potrebbero garantire la ripresa della compagnia.

Dopo la circolazione delle prime indiscrezioni, è sceso ufficialmente in campo un gruppo imprenditoriale che vorrebbe rilevare la compagnia.

Nel corso di una conferenza stampa avvenuta ieri all’Aeroporto di Catania, il rappresentante della cordata Roberto Corrao, titolare della Aviomed, delinea il progetto per far tornare Wind Jet operativa.

 

L’ipotesi allo studio della cordata è quella di un affitto per stralcio degli asset indispensabili alla ripresa dei voli. In sostanza, si tratterebbe di coprire il pagamento delle licenze di volo, degli slot utilizzati e del personale, assicurando esclusivamente la continuità aziendale della compagnia.

Sul fronte della flotta, il piano prevede l’uso di quattro aeromobili su cui impiegare i lavoratori a rotazione e un investimento di tre milioni di euro per garantire l’operatività del vettore per due mesi.

I debiti dei Wind Jet rimarrebbero così al presidente Antonino Pulvirenti, questione che non escluderebbe, dunque, il ricorso alla formula del concordato preventivo. Da parte dei vertici aziendali non sono però giunte reazioni, e dal fronte sindacale sono anche arrivate aspre critiche al piano presentato dalla cordata siciliana.

 

Prossimamente dovrebbe avere luogo un nuovo incontro al Ministero per lo Sviluppo economico con la proprietà del vettore per spiegare a che punto sono giunte le trattative. Le ipotesi da vagliare restano da un lato l’intesa con un gruppo imprenditoriale o con un vettore europeo, mentre l’altra soluzione si tradurrebbe nella creazione di una società a capitale misto, i cui troverebbe spazio anche la stessa Regione Siciliana.

 

 

 

Festività, Gnudi: “No definitivo all’accorpamento”

 

Nessun accorpamento per le festività. L’ipotesi è stata accantonata in via definitiva, parola del ministro del Turismo Piero Gnudi che, come riporta Corriere.it, ha spiegato che “si tratta di un tema che va a toccare delle sensibilità molto profonde nel Paese”.

 

Un capitolo chiuso per Gnudi che anticipa inoltre le prossime iniziative per rilanciare il turismo italiano.

 

“Bisogna realizzare un piano d’insieme che sappia coinvolgere l’intero Paese”, ha spiegato il ministro che ha poi aggiunto: “Abbiamo varato un piano strategico con 46 azioni particolari che avranno un impatto immediato sul settore. Sarà comunque necessario fare una promozione migliore del marchio Italia all’estero evitando – ha concluso Gnudi -, che ogni regione promuova il proprio territorio, come è stato fatto sinora”.

 

 

 

Scali dimezzati, più infrastrutture. Ecco il piano-aeroporti di Passera

 

Il ministro ha elaborato il progetto con l’Enac e tre società di consulenza, tra cui la Kpmg. Resteranno operativi meno di 40 “poli”. Il documento potrebbe anche arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri.

 

Meno aeroporti, serviti da infrastrutture nuove o rafforzate. Degli oltre 60 oggi in attività ne resteranno poco più della metà, gran parte degli scali minori saranno dismessi o nel migliore dei casi passeranno sotto la tutela degli enti locali (se riusciranno a pagarne le spese). Il piano degli aeroporti italiani è da oggi sulla scrivania del ministro dello Sviluppo Corrado Passera e se ne potrebbe parlare anche al Consiglio dei ministri di venerdì. I “compiti” a casa per l’estate chiesti da Monti prima delle vacanze Passera potrà dunque dire di averli fatti, almeno guardando al testo del piano approntato insieme all’Enac sulla base delle ricerche effettuate da OneWorks, Kpmg e Nomisma. “Con questo schema definitivo gli investitori avranno la certezza di poter decidere su cosa e quanto investire nel settore – spiega Vito Riggio, presidente dell’Enac – mentre il Paese avrà modo di pensare a quali infrastrutture dovranno servire gli scali più importanti. Tutti gli altri aeroporti – aggiunge – passeranno agli enti locali che decideranno se vorranno impiegare soldi pubblici per tenerli in vita”. Il messaggio è chiaro: resteranno solo una quarantina di scali operativi (ma si punta a scendere a 33), con strutture adeguate e nessun intervento dello Stato. Quelli minori, in tempi di crisi, per restare aperti dovranno sperare nell’intervento di Regioni o Comuni che dovranno decidere però se investire in strutture vetuste, con pochi passeggeri, o su asili nido e strade da asfaltare.

 

Il Centro Italia

Roma-Fiumicino, pista regina

Ciampino lascia spazio a Viterbo

Il piano li definisce “complesso aeroportuale del Centro Italia”. Sono gli scali di Roma Fiumicino, Ciampino e quello tutto da definire che nascerà (se ci saranno pesanti investimenti) a Viterbo, nuova struttura per le low cost. Il grosso del traffico internazionale e intercontinentale passerà dall’hub romano a ridosso del Tirreno, con Adr che ha già predisposto il suo master plan da qui al 2030, mentre Ciampino si trasformerà in city airport, pronto ad accogliere solo traffico nazionale. Il vero nodo da sciogliere però resta Viterbo. Sulla carta servono come minimo 1,7 miliardi al netto di pesanti interventi da oltre 250 milioni a carico di Rfi (Ferrovie) sulla rete che collega oggi Viterbo alla Capitale. All’appello mancano, tra l’altro, il 90% dei finanziamenti (pari a 737 milioni) di competenza Anas finanziati dalla Regione Lazio e dal Cipe. Buio anche sul 98% dei 303 milioni necessari per il potenziamento e il raddoppio delle corsie sulla statale Cassia. Come appendice del “complesso del Centro Italia” appaiono pure gli scali di servizio di Ancona (destinato al cargo) e quelli di Perugia e Pescara. 

 

Il Nord Ovest

Malpensa resta hub multivettore

Linate business, Bergamo low-cost

Il Nord-Ovest comprende un poker di scali fondamentali che servono un ricco quanto vasto bacino di utenza: Milano Malpensa, Linate, Bergamo, Brescia. Malpensa si rafforzerà nel suo ruolo di gate intercontinentale e multivettore. In ballo ci sono in totale poco meno di 7 miliardi in opere infrastrutturali. Orio al Serio punterà sempre più sul traffico low cost internazionale. Per Linate è stato invece disegnato un futuro strategico da city airport, al pari di Ciampino, e di snodo privilegiato dalla clientela business diretta in Europa. Il destino di Brescia è invece sempre più legato al traffico cargo; nel lungo periodo potrebbe diventare nuova valvola di sfogo dell’area lombarda se il traffico passeggeri crescerà oltre le aspettative. Torino e Genova saranno considerati scali strategici che manterranno collegamenti importanti nazionali e internazionali, mentre per la struttura di Cuneo il Piano nazionale parla come di uno scalo riservato “alle compagnie low cost e potenziale scalo cargo”. Aosta punterà su una tipologia di passeggeri nazionali e sul “turismo locale”. 

 

Il Nord Est

Venezia, porta per l’Oriente

Bologna sarà internazionale

Venezia, Treviso e Trieste sono l’ossatura del Nord Est (secondo il piano “la porta di accesso privilegiata” all’Europa Orientale). Venezia viene definito “nodo intermodale strategico e gate intercontinentale”. Per Treviso il futuro avrà sempre più i colori delle compagnie a basso costo, e Trieste sarà uno “scalo di frontiera” che servirà il bacino di utenti di Slovenia e Croazia. Integrano il Nord Est Verona (voli charter) e Bolzano (turismo locale). Bologna sarà invece lo scalo strategico del Centro Nord con il sussidio di Pisa (low cost) e Firenze (business). Parma è considerata in prospettiva come struttura di riserva per Lombardia e Emilia; Forlì si specializzerà in “polo tecnologico aeronautico” mentre Rimini manterrà la sua vocazione di traffico turistico e charter. 

 

La Campania

Capodichino, il lungo addio

traffico spostato a Grazzanise

Napoli Capodichino e Salerno saranno i “fortini” dell’importante polo campano. Per lo scalo napoletano, confermato per il momento “strategico”, il futuro passa per una maggiore integrazione con Salerno. Questo, in attesa della realizzazione del nuovo scalo di Grazzanise su cui ricadrà in futuro tutto il peso dei voli che oggi gravitano su Napoli. Buona parte del traffico campano sarà dirottato verso la nuova struttura mentre per Salerno si prospetta un futuro fatto di traffico prettamente low cost e cargo. Su Grazzanise sono previsti al momento quasi 2,5 miliardi di investimenti, ma ne mancano altrettanti per permettere l’accesso stradale al nuovo hub del Meridione . 

 

Puglia e Calabria

A Bari soltanto aerei di linea

Brindisi punta su Ryanair

Molte novità al Sud per Puglia e Calabria. Gli aeroporti di Bari, Brindisi, Taranto e Foggia costituiranno il “polo dell’area Meridionale adriatica”, con il capoluogo regionale a fare la parte del leone (Bari, infatti, è considerato dal piano uno “scalo strategico”). L’aeroporto di Brindisi sarà dedicato prevalentemente al traffico low cost che arriva dall’Europa. Taranto, invece, fungerà da scalo di servizio cargo mentre quello di Foggia sarà limitato al traffico turistico locale. In Calabria Lamezia Terme rappresenta l’aerostazione strategica con voli internazionali a basso costo e il cargo. Sono considerati di “interesse locale”, invece, Crotone e Reggio Calabria. 

 

Le Isole

Mediterraneo e Nord Africa

nel mirino di Sicilia e Sardegna

Isole, sì, ma con enormi potenzialità se si guarda al turismo e allo sviluppo dei collegamenti aerei con il bacino del Mediterraneo. Per Sicilia e Sardegna il nuovo Piano presenta diverse opportunità e disegna un futuro fatto di stretti rapporti commerciali con il Nord Africa. Catania-Comiso e Palermo-Trapani costituiscono i due poli principali siciliani con Catania scalo strategico orientale e Palermo sul fronte occidentale. A Trapani sarà indirizzato il traffico low cost. In Sardegna Cagliari assume il ruolo di aerostazione strategica, supportata dagli scali primari di Olbia (con “traffico turistico e business di alto profilo”) e Alghero (low cost).

 

 

 La Tunisia torna in adv

 

Una speranza diventata, giorno dopo giorno, realtà.

Erano alte le aspettative degli operatori italiani sulla Tunisia, una destinazione importante nel loro business, rimasta in panchina da un paio di anni. Ora timidi segnali di ripresa sono diventati qualcosa di più. E la corsa all’oro è ripartita.

 

“Speravamo molto in una ripartenza del Paese e infatti abbiamo dato alle stampe cataloghi con una foliazione degli anni buoni”. Con un esempio concreto Laurent Parent, product manager Tunisia di Alpitour, dimostra la fiducia del gruppo turistico nella destinazione. “Siamo convinti di poter avvicinarci ai numeri del 2010: circa 50mila pax”.

 

Un target di clientela su cui ha deciso di scommettere anche In Viaggi: “Stiamo avendo i primi contatti con l’ente – spiega il direttore vendite del t.o. Isabella Candelori -. Credo che inseriremo qualche proposta rivolta ai golfisti sul catalogo invernale”.

 

In casa Settemari regna, invece, la cautela: “Certo, adesso i riscontri sono positivi, ma abbiamo anche ridotto la nostra offerta sulla destinazione del 50 per cento – ammette il direttore commerciale Guido Ostana -. Per l’inverno non siamo ancora così certi di riproporla”.

 

L’ente nazionale del turismo tunisino in questi giorni ha comunicato i dati registrati, relativi ai primi otto mesi dell’anno, con un incremento delle entrate turistiche pari al 36,4 per cento in più, con 1.683 milioni di dinari, pari a circa 842 milioni di euro, rispetto ai 1.234 milioni, quasi 617 milioni di euro del 2011.

Il numero dei pernottamenti, sempre relativo ai primi otto mesi, ha riscontrato un rialzo del 60,1 per cento, con oltre 17mila pernottamenti. Date che resta comunque sotto del 19,7 per cento rispetto ai valori 2010. Complessivamente gli arrivi segnano 3,45 milioni, circa 872mila turisti in meno rispetto ai 4,32 milioni del 2010.

 

 

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